SCHEDA TECNICA
OSEI BUDEI FRADEI
Durata dello spettacolo: 1h e 20 min
Dimensioni palco: palco o pedana minimo m 5 x m 4
Materiale tecnico:
LUCI
– 10 x 1.000 watt
FONICA
– piastra amplificata CD o computer
attore
Durata dello spettacolo: 1h e 20 min
Dimensioni palco: palco o pedana minimo m 5 x m 4
Materiale tecnico:
LUCI
– 10 x 1.000 watt
FONICA
– piastra amplificata CD o computer
Durata dello spettacolo: 1h e 15 min
Dimensioni palco: palco o pedana minimo m 7 x m 8
Materiale tecnico:
LUCI
– 14 x 1.000 watt
FONICA
– piastra amplificata CD o computer
Scatola nera
Disponibilità di una discesa diretta in sala dal palco
Camerino con servizi.
Tempo di allestimento: 3 ore circa
Durata dello spettacolo: 1 ora e 30 minuti circa- senza intervallo
Dimensioni palco: palco o pedana minimo m 5 x m 4
Materiale tecnico:
LUCI
– proiettori 8×1000 watt
FONICA
– piastra CD amplificata
In caso di rappresentazione all’ aperto: un microfono
di e con ENRICO BONAVERA
Regia di Christian Zecca
Lo spettacolo è stato creato per il festival Dante2021, nell’ ambito delle annuali Celebrazioni Dantesche a Ravenna. Si tratta di un monologo.
Chi parla ed agisce è Alichino, un diavolo dei Malebranche che, inseguendo Dante e Virgilio, a suo dire colpevoli di aver fatto cadere lui e il suo compagno Calcabrina nella pece bollente, finisce fuori dall’ Inferno e si perde nel mondo dei vivi.
Racconta così le sue peripezie, che l’hanno visto per otto secoli accompagnarsi a compagnie di teatranti vagabondi e reincarnarsi di volta in volta negli interpreti della maschera di Arlecchino.
Ora è finalmente tornato a Malebolge, grazie ad una seduta spiritica, ma ai ‘reduci’ il ritorno a casa riserva sempre molte sorprese. Molte cose sono cambiate.
Anche l’ Inferno non è più quello di una volta.
Dove sono finiti i Dannati?
Dove quella bella puzza rassicurante?
Dove fiamme e pece?
In un’ora e mezza scoppiettante, in un dialetto falso/lombardo-veneto, Bonavera indossa le vesti di questo ‘povero diavolo’, furioso, ingenuo, stralunato, e pasticcione, divertendosi a giocare con la fantasia nel mondo della Commedia dantesca, in un viaggio esistenziale pieno di avventure paradossali, comicità ma anche di tanta poesia.
Qui un video di presentazione sulla pagina Facebook del Piccolo Teatro di MIlano
di e con ENRICO BONAVERA
e con:
Mattia Locchi, fisarmonica
Giacomo Bertazzoni, sassofono e percussioni
Davide Turolla, chitarra acustica
maschere di DONATO SARTORI
Stefano Perocco, Cesare Guidotti, Ferdinando Falossi,
Un piccolo cimitero di campagna, dimenticato nella Pianura.
Lì, insieme al ricordo di frammenti di una parte della mia famiglia, riposano idealmente anche alcune maschere, parenti dello shakespeariano Yorick.
Incorniciati tanto da ricordi di piatti mantovani e dal sogno del cibo del Paese di Cuccagna, quanto dal profumo degli innumerevoli modi di condire la Polenta, alcuni Arlecchini vengono chiamati a raccontare la propria morte.
Morti trasfigurate e paradossali: chi per troppo cibo, chi per fame, chi per paura, chi in piena attività amorosa, chi ancora annegato su un barcone sul Po, mentre era diretto a Venezia.
Dalle loro parole, dai loro suoni ‘masticatori’, è rievocato un mondo padano che, ingoiato da impianti industriali, strade e cemento, ormai più ancora che dalla nebbia, sta via via perdendo la sua identità e la sua storia.
Per questo viaggio, tragicomico e un poco lugubre, ho scelto come compagne, a me attore/narratore, le poesie in dialetto di Cesare Zavattini, una delle figure significative del nostro ‘ 900, mai abbastanza ricordato, a cui dobbiamo straordinari soggetti e sceneggiature del nostro cinema del secolo scorso.
Ma OSEI BUDEI FRADEI è anche la risposta ad una sfida: oltre alla sua presenza nelle farse della Commedia dell’ Arte e nelle commedie di Carlo Goldoni, Arlecchino ha ancora qualcosa da raccontare a noi del terzo millennio? la sua umanità archetipica può essere ancora a noi contemporanea?
‘O vést an funeral acsé puvrét
c’ an ghéra gnanc’ al mort
dentr’ in dla cassa.
La gent adré i sigava.
A sigava anca mé
Senza savé al parché
in mes a la fumana.
Alvé la man ch in s’ grata mai i coiòn.
Me am capit’ in promavera s’a m’ inochi a vardà
Li palpogni ca sbat cuntra i lampion.
Li bali ad me nonu Giuvanardi
Li m’ acurdava coli
Dal tor di Bos chi fumava in dla stala.
Nud cum l’ urinal in man
L’ era cme quand
A piov in sna lamér,
l’ an finiva mai,
po’ cman sufiòn smuzada la candela
al runfava proma ca sparés
l’ udur dla sera.
(Cesare Zavattini)
La Quinta Praticabile presenta: Enrico Bonavera in L’Affaire Picpus
Liberamente ispirato al racconto: il Naso di N. Gogol
Di Enrico Bonavera e Christian Zecca
Luci e fonica: Pietro Striano
La marionetta è di: Daniele De Bernardi
Maschere: Cesare Guidotti
Scene e costumi: ZEBO, Neva Viale
Progetto grafico: Francesco Lepore
Organizzazione: Andrea Scarel
Regia: Christian Zecca
“L’ AFFAIRE PICPUS” è il frutto dell’ incontro tra Christian Zecca ed Enrico Bonavera.
Per strade e biografie del tutto diverse, capita, ed è cosa rara, di condividere improvvisamente una direzione e scoprire affinità che aspettano solo di trovare confronto concreto in un progetto.
Quando abbiamo pensato di riprendere il discorso interrotto nel precedente “NASO ALL’ARIA”, spettacolo del solo Bonavera del 1998, sapevamo con chiarezza che questa nuova creazione doveva possedere due caratteristiche: essere un recital di Enrico – con nasi posticci al posto della maschere di cui è noto e affermato interprete – e nello stesso tempo la messa in scena di una storia che avesse per tema il ‘Naso’ come archetipo, come simbolo della individuazione della persona.
Volevamo anche che il lavoro fosse surreale e patafisico, drammaturgicamente libero e un po’ ‘scellerato’: in qualche modo desse libero corso alle nostre associazioni mentali e al nostro divertimento.
Inizialmente siamo partiti da un riferimento preciso : “il NASO”, racconto di N. Gogol dalla raccolta ‘I Racconti di Pietroburgo’ e, un po’ in soggezione, abbiamo cercato di restare fedeli al suo assunto.
Poi, insoddisfatti dalla nostra ingiustificata cautela e dubbiosi sul finale proposto dall’ autore russo, abbiamo finalmente deciso di seguire il nostro ‘istinto’ e proseguire la storia liberamente portandola alle sue estreme conseguenze fantastiche, lasciandoci a quel punto ispirare dagli altrettanto beneamati Bulgakov e Kafka.
Mai avremmo immaginato che, volendo emanciparci dal contesto russo e cambiando nome al protagonista – qui chiamato Picpus con una scelta del tutto ‘automatica’ e non ragionata – avremmo incontrato tanti riferimenti alla cultura francese e alla sua storia.
Picpus infatti, esisteva già : è la misteriosa persona che firma, in un noto romanzo di Simenon della serie Maigret, il biglietto lasciato sopra il corpo senza vita di una chiromante.
Ma Picpus è anche il nome di una via parigina dove si trova l’ unico omonimo cimitero in cui vennero tumulate più di mille salme – di cui solo un centinaio davvero ritrovate – decapitate durante il Periodo del Terrore della Rivoluzione Francese. Tra questi il poeta Andrè Chenier.
E il convento limitrofo è citato da M. Foucault nel suo saggio “Storia della Follia nell’ età classica”, come uno degli ospedali in cui erano ospitati alcune persone dementi.
In effetti lo spettacolo è la storia di una separazione – di una ‘scissione’ – di cui Picpus è vittima.
La storia di Picpus è quella di un uomo mediocre, in qualche modo sconosciuto, il cui naso sparisce e non intende tornare, nonostante egli si prodighi in ricerche affannose e tentativi di riconciliazione. Quel naso, che ha acquistato vita propria, si afferma nel mondo con tutte quelle qualità di cui Picpus è privo o di cui dentro di sé aveva sempre rimosso l’esistenza.
Il Naso, in preda ad una costante e imbarazzante euforia, darà la scalata al potere, andrà alla conquista del mondo intero, come una entità /idea pensiero, che una volta creata condiziona la vita stessa delle persone, che non hanno a quel punto altra possibilità che venirne implicati.
Una scelta determinante per la ‘macchina teatrale’ è stata quella di non mettere in scena il protagonista della storia, ma fare dei personaggi che girano intorno a lui, i veri protagonisti, accompagnati, nel loro manifestarsi, da un Narratore dalla ambigua identità.
Comicità e delirio vanno a costituire uno spettacolo di un’ ora un quarto, in cui Bonavera si cimenta in 13 diversi personaggi con altrettanti nasi, in un tourbillon di esilaranti quanto inquietanti caratterizzazioni, scivolando con leggerezza sul filo rosso di una follia che porta ad un finale escatologico e a sorpresa.
“Senza effetti speciali uno straordinario interprete dai mille volti
Bonavera è una forza della natura, plastilina pura che si adatta in pochi secondi alla maschera che indossa.
Bellissimo spettacolo, intelligente, coinvolgente, costruito con sapiente equilibrio fra scene recitate e scampoli di storia”
Alessandra Agosti – Il Giornale di Vicenza
Agile, convincente e in grado di mantenere, da solo, l’attenzione di un’intera platea per quasi due ore consecutive, Bonavera ha sorpreso e affascinato il pubblico dello Stabile dimostrando di possedere, oltre alla maestrìa derivante dalla pluriennale esperienza, grande consapevolezza, energia e passione.
Il giornale di Sicilia
Enrico Bonavera ci ha regalato una serata da ricordare. Un grande attore a tutto campo, con la capacità di raccontare cose belle e intelligenti: con la voce, con il corpo e con il cuore appassionato di chi ama quello che fa
Maurizio, spettatore allo Spazio Tertulliano, Milano
“… Il pubblico Di Bolzano, come quelli di tutte le città del mondo in cui l’attore ha tenuto questa sua vivace lezione di teatro, ha tributato ad Enrico Bonavera un meritatissimo trionfo gratificandolo con le risate, appludendolo ripetutamente a scena aperta e chiamandolo più volte alla ribalta”
U. Gandini, Alto Adige
“Attore, interprete eccezionale nel panorama della prosa contemporanea per le sue capacità fisiche da ginnasta e da mimo, Bonavera accompagna il pubblico in una incursione nel mondo delle maschere…”
M. Caracciolo, Sipario
“grande confortante successo di Enrico Bonavera… Il teatro ha saputo per una volta parlare di sé senza la minima enfasi, dimostrando che si può suscitare in un’ora e tre quarti di monologo colto ed intelligente, l’entusiastico consenso del pubblico”
Dario G. Martini, Il Corriere Mercantile
“Che serata memorabile ci ha regalato questo grande attore genovese che si é fatto ossa e cuore, raffinata professionalità… I Segreti Di Arlecchino è tra gli eventi teatrali più significativi della stagione…..”
Giuliana Manganelli, Il Secolo XIX
Durata dello spettacolo: 1 ora e 30 minuti – senza intervallo
Dimensioni palco: palco o pedana minimo m 5 x m 6
Materiale scenico: – fondale nero
Materiale tecnico:
LUCI
– 15 PC 1000W con bandiere, portagelatina, ganci
– consolle 24 canali doppia ribalta
– portata elettrica minima 32 A trifase
FONICA
– 1 lettore cd con amplificazione adeguata allo spazio
Tempi di montaggio: minimo 3 ore precedenti all’inizio dello spettacolo
Lo spettacolo è adattabile a diverse tipologie di spazi teatrali e palcoscenici allestiti all’aperto.
In caso di spazi teatrali sprovvisti di strutture di sostegno luci, si richiedono minimo 2 piantane a T per 4 proiettori ciascuna.
La richiesta di materiale tecnico è soggetta a variazioni secondo le condizioni di allestimento.
Indispensabile il buio di sala.
Necessaria la presenza di un responsabile tecnico.